COVID-19, le Pharma al lavoro
Silvia Vernotico
COVID-19 ovvero "CO" corona, "VI" virus, "D" disease, "19" l'anno in cui si è manifestata, è questo il nome dato alla patologia causata dal nuovo Coronavirus (ora denominato SARS-CoV-2, precedentemente noto come 2019-nCoV) l'11 febbraio 2020, nel briefing con la stampa durante il Forum straordinario dedicato al virus, dal Direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus.
SARS-CoV-2 è un nuovo ceppo di coronavirus mai stato identificato prima del dicembre 2019 nella città di Wuhan, in Cina.
L'International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV) che si occupa della designazione e della denominazione dei virus (ovvero specie, genere, famiglia, ecc.) lo ha ribattezzato SARS-CoV-2 il cui acronimo sta per "Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2". Secondo questo pool di scienziati il nuovo coronavirus è fratello di quello che ha provocato la Sars (SARS-CoVs), più mortale ma molto meno contagiosa di SARS-CoV-2.
I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus a RNA a filamento positivo, con aspetto simile a una corona al microscopio elettronico. Identificati a metà degli anni '60, sono noti per infettare l'uomo ed alcuni animali, inclusi uccelli e mammiferi. Le cellule bersaglio primarie sono quelle epiteliali del tratto respiratorio e gastrointestinale.
Ad oggi, non esiste un vaccino e nessun medicinale antivirale approvato per prevenire o curare COVID-2019.
I principali esperti di salute di tutto il mondo si sono riuniti presso la sede centrale dell'Organizzazione mondiale della sanità di Ginevra per valutare l'attuale livello di conoscenza della nuova malattia COVID-19, identificare lacune e lavorare insieme per accelerare e finanziare la ricerca che diventa di priorità assoluta per aiutare a fermare questo focolaio e prepararsi per eventuali focolai futuri. Sono state prese in esame anche le strategie per lo sviluppo di farmaci e vaccini prima delle epidemie e per accelerarne la ricerca e lo sviluppo quando sono già attivi i focolai.
La corsa ad un vaccino che possa contrastare il nuovo coronavirus è stata accelerata dalla scoperta della sequenza genetica di SARS-CoV-2, che ha permesso a diversi gruppi di ricerca e aziende di iniziare rapidamente lo sviluppo di vaccini senza bisogno di campioni di virus vivi. Le ricerche infatti si stanno attuando con piattaforme ‘plug-and-play’ che usano materiale genetico, RNA o DNA.
Ecco una lista, non esaustiva degli sforzi messi in atto a livello globale per la lotta al nuovo coronavirus.
Il National Institutes of Health ha iniziato a lavorare usando una piattaforma sviluppata dall’azienda biotech Maderna all’Università del Queensland, in Australia. Il lavoro è supportato dalla Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI), una partnership innovativa tra organizzazioni pubbliche, private, filantropiche e civili, avviata a Davos nel 2017, per sviluppare vaccini per fermare le future epidemie. Anche Novavax, che a suo tempo aveva creato un vaccino candidato per Ebola in 90 giorni, ha annunciato di essere al lavoro.
Anche le Big del Pharma, tra cui Sanofi e Johnson & Johnson, stanno lavorando su vaccini contro il coronavirus, con il sostegno della US Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA).
Gsk ha annunciato all'inizio di febbraio di quest'anno una collaborazione con CEPI. Gsk fornirà a CEPI una tecnologia che consente di utilizzare solo piccole quantità dell'antigene del vaccino per la produzione di più dosi del vaccino stesso, un vantaggio cruciale in una situazione pandemica.
Per accelerare l'accesso ai trattamenti, i ricercatori stanno riproponendo una serie di farmaci esistenti nella speranza di trovare qualcosa che funzioni contro il nuovo virus.
Galidesivir, di BioCryst Pharmaceuticals, agisce interferendo con le capacità del virus di replicarsi. L’antivirale ha mostrato promettenti risultati su una serie di virus, compreso un nuovo coronavirus, e si è dimostrato sicuro su volontari sani.
Regeneron, in collaborazione con il Dipartimento della Salute americano, sta invece sviluppando REGN3048-3051, una combinazione di due anticorpi sviluppati da topi immunizzati che sono stati geneticamente modificati per produrre anticorpi "umanizzati". L’azienda americana sperimenterà il farmaco sull’uomo con il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID).
Remdesivir di Gilead, invece, è un antivirale che ha fallito contro Ebola, ma si è mostrato promettente contro il coronavirus, tanto che l’azienda biotech ha intrapreso una collaborazione con ricercatori cinesi per avviare due studi clinici coordinati dal China-Japan Friendship Hospital di Pechino. Gli studi dovrebbero essere completati ad aprile.
In Cina si stanno testando anche il farmaco Kaletra contro l’HIV di AbbVie, progettato per impedire al virus di replicarsi nelle persone. Favipiravir, della giapponese Toyama Chemical, sviluppato contro i virus a RNA come il COVID-19, si è mostrato efficace in uno studio preliminare su 70 pazienti. Inoltre il farmaco antimalarico clorochina fosfato è stato testato in 10 ospedali in Cina in oltre 100 pazienti. Risultati preliminari suggeriscono che darebbe qualche beneficio nei pazienti con polmonite.
Alcuni scienziati cinesi stanno anche trattando alcuni pazienti con plasma proveniente da pazienti sopravvissuti al coronavirus, una tecnica più antica che è stata utilizzata per combattere la rabbia, la difterite e altre infezioni. Finora, 11 pazienti con polmonite grave hanno mostrato un miglioramento significativo con il trattamento, senza riportare effetti collaterali gravi.
Una delle ultime notizie in materia di vaccini arriva dalla Cina. In una conferenza stampa riportata dal China Daily del 23 Febbraio scorso, è stato annunciato l’inizio dei test sugli animali dei primi vaccini contro il nuovo coronavirus. Si tratterebbe del primo lotto di vaccini messi a punto contro il SARS-CoV-2.
Anche se si dovesse arrivare ad un vaccino, quello che è certo è che non sarà disponibile in tempi brevi.
Ad essere ottimisti non ci arriveremo prima di un anno.
Ha commentato Giovanni Rezza, dirigente dell'Istituto Superiore di Sanità ed epidemologo.
Occorre essere certi della sicurezza e dell'efficacia del preparato. Una volta superati i test sugli animali si passa alla fase 1, che serve a verificare, in genere su pochi soggetti sani, che il vaccino non dia effetti collaterali gravi. Poi c'è la fase 2, che valuta la risposta immunitaria, e infine la fase 3 che è quella che determina l'efficacia. È possibile che le istituzioni di controllo dei farmaci possano giudicare sufficiente la fase 2 per dare il via all'impiego del vaccino. Ma non sarà domani. Nel caso del vaccino per l'Ebola, che è stato messo a punto in tempi record, ci è voluto comunque un anno.
Fonti:
https://www.gsk.com/en-gb/media/resource-centre/our-contribution-to-the-fight-against-2019-ncov/
https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2020.02.17.951848v1.full