Intervista a Annarita Egidi

Silvia VernoticoSilvia Vernotico

Silvia Vernotico

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Intervista a Annarita Egidi

Cosa significa per lei essere General Manager di un'importante azienda che opera nel settore biofarmaceutico come Takeda?

Da un lato è sicuramente un importante obiettivo di carriera che ho raggiunto e volutamente non ho usato il termine traguardo che dà più il senso di un cerchio che si chiude. Questo perché amo il mio lavoro ed ogni giorno lo affronto con la consapevolezza che c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare e che ci sono ancora tante sfide da affrontare e obiettivi da raggiungere, anche in termini di nuovi ruoli da ricoprire. Dall’altro lato è ovviamente una grande responsabilità, che sento tutta, sin dal primo giorno che ho assunto il ruolo di General Manager di Takeda Italia. Prima di tutto nei confronti dei pazienti, verso i quali sento la responsabilità di dover offrire nuove soluzioni per la loro salute, e poi verso tutte le persone di Takeda e tutti i nostri stakeholders con quali ho l’onore di lavorare quotidianamente con un unico grande obiettivo comune: quello di contribuire a migliore il sistema salute del nostro Paese e migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari.

Ripercorrendo per grandi tappe il suo percorso professionale, quali sono state le tappe più importanti e i ricordi più belli ma anche difficili legati ad esso?

Ho iniziato a lavorare nel mondo farmaceutico subito dopo la laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche: un’azienda italiana, un Team stimolante ed un “capo area” che è stato di grande ispirazione. Poi negli anni ho cambiato diverse aziende e ruoli, e, man mano che comprendevo le dinamiche aziendali, aumentava la curiosità di vedere e capire di più e di poter dare un contributo di valore ai pazienti attraverso il mio lavoro. Lo strumento dei Job posting interni all’azienda è stato il mio preferito e proprio applicando a posizioni interne ho potuto cogliere grandi opportunità che mi hanno portato fino al ruolo che ricopro attualmente. Da ISF a Brand Manager e da brand Manager a Pricing Manager, sono stati i passaggi più significativi. Quest’ultimo ruolo ha avuto un grande impatto sulla mia formazione e mi ha dato gli strumenti per proseguire e crescere: ho acquisito la consapevolezza che gli investimenti in R&D ed il lavoro di registrazione di un farmaco, hanno successo soltanto se poi il farmaco arriva ai pazienti, a tutti i pazienti, e rapidamente. Questo lavoro mi ha appassionato per grande parte della mia carriera e mi appassiona ancora. L’esperienza in oncologia successivamente ha allargato il mio spettro di azione ed ho capito che il lavoro di squadra e l’integrazione di tutte le funzioni, sono elementi fondamentali per generare vero valore per il sistema sanitario nazionale.

Momenti difficili? La frustrazione talvolta di non riuscire a far comprendere le mie argomentazioni, l’impazienza di raggiungere velocemente i miei obiettivi di crescita professionale: ho imparato che la pazienza è una grande virtù! Saper aspettare, prepararsi meglio, alla fine paga.

Affrontando il tema Donne, come Takeda e lei in prima persona si adoperano per attrarre tante donne talentuose in azienda e garantirne un equo inserimento nel contesto lavorativo?

Mi lasci prima di tutto sottolineare un aspetto a cui tengo molto: il tema del talento. Io sostengo da sempre che ogni persona in Takeda Italia, a prescindere che sia un uomo o una donna, ha un talento e l’obiettivo mio e di tutto il Leadership Team che ho l’onore di guidare, è quello di valorizzare il talento di ogni singolo dipendente. Guidati da questo principio, la nostra ambizione è quella di garantire a tutti i nostri dipendenti di vivere in un ambiente di lavoro inclusivo, sicuro, aperto e collaborativo, dove ciascun talento può offrire il proprio contributo, lavorare e crescere come individuo. Grazie a questi valori e ad una cultura che si basa  sul rispetto di diversità ed equità, Takeda oggi vanta un importante equilibrio di genere nella totalità della popolazione aziendale: nella sede di Roma il 47%, tra leader e manager, sono donne. Per attrarre sempre più donne talentuose in Takeda, continueremo ad offrire pari opportunità di carriera e compensazioni eque, a sviluppare ed implementare politiche di conciliazione vita-lavoro, ad investire in programmi di sviluppo e formazione per le donne, a consolidare una cultura aziendale che valorizzi e supporti la diversità di genere ed a monitorare regolarmente la parità di genere nella promozione, nella compensazione e nella distribuzione delle opportunità di leadership.

Fernanda Rabello, Head of global pharma manufacturing di Merck KGaA, un’altra donna ai vertici aziendali ha raccontato in un'intervista, che quando ha iniziato la sua carriera, era spesso “l'unica donna nella stanza”, stanze dove per la maggior parte del tempo si prendono decisioni importanti per il futuro dell’azienda. Ha vissuto anche lei questa sensazione di essere “l’unica donna nella stanza”?

Guardando indietro negli anni e fino ad oggi, devo constatare che nel nostro settore raramente mi è capitato di vivere questa sensazione e meno che mai più recentemente. Vedo infatti una grande attenzione delle aziende ad assicurare le stesse opportunità indipendentemente dal genere. Tuttavia, se osservo altri ambiti lavorativi capisco il problema e posso immaginare come  essere l'unica donna in una stanza possa generare una sensazione di disagio a volte isolante. Colgo dalle storie di tante donne la sensazione di essere sotto pressione e fare più fatica  per dimostrare la propria competenza e guadagnare fiducia e credibilità, ma anche la voglia e la determinazione a non rinunciare alle proprie ambizioni ed aspirazioni, ciascuna con il proprio stile e le proprie competenze. Per questo, le storie di pari opportunità delle aziende virtuose, devono essere condivise per dimostrare che un ambiente di lavoro positivo per tutti è possibile ed aumenta la possibilità di avere successo. In Takeda non mi sono trovata nella condizione di essere l’unica donna nella stanza, però è anche vero che mi piace, talvolta, crearmi le condizioni per rimanere sola in una stanza a riflettere, lontana da tutti, soprattutto al mattino presto o la sera tardi, quando, come diceva Fabrizio De André, “la solitudine può portare a forme straordinarie di libertà”, soprattutto di pensiero aggiungerei io.

Emma Walmsley e Belén Garijo due esempi di manager e mamme. Emma Walmsley è mamma di 4 figli, Belén Garijo di 2.  E’ possibile secondo lei conciliare a questi alti livelli la vita privata con quella manageriale senza sbilanciare l’ago della bilancia nè dall’uno nè dall’altra parte? Quali soluzione ha portato avanti lei in prima persona e l’azienda per far permettere una maggior life balance nella vita di giovani donne e giovani uomini che decidono di costruire una famiglia senza voler rinunciare alle soddisfazioni di una carriera professionale?

Pochi giorni fa mi sono concessa un viaggio con la mia famiglia in Giordania, un’esperienza meravigliosa, un momento dedicato solo a noi in una terra magica. Ma noi non usiamo solo i viaggi come strumento per vivere emozioni insieme, ci bastano anche cose più semplici come una passeggiata o un film. E’ essenziale, secondo me, saper trovare il giusto equilibrio tra vita privata e lavoro, saper dedicare il tempo necessario per svolgere il proprio lavoro in modo efficiente e al contempo riservare tempo sufficiente per la propria vita personale e familiare. Questo equilibrio aiuta soprattutto a contribuire ad avere una vita sana ed equilibrata ed a prevenire lo stress e l'esaurimento professionale. È importante che ogni individuo valuti le proprie priorità e trovi un equilibrio che funzioni per lui o lei. E’ per questo motivo che in Takeda, abbiamo favorito lo sviluppo dello smart working quale strumento per meglio bilanciare l’organizzazione del proprio lavoro con la gestione della propria vita personale. Ed a questo strumento abbiamo associato tante iniziative di “well being” nate grazie al lavoro straordinario di un gruppo di colleghi che ha contribuito, e continua tutt’ora, alla diffusione di una cultura del benessere in grado di favorire l’inclusione di tutti e promuovere strategie che mettano al centro le persone e il loro equilibrio psico-fisico.

Alle ragazze, ai ragazzi, alle studentesse, agli studenti, ai futuri o alle future professioniste di aziende operanti nel settore lifesciences che leggeranno questa intervista e sognano di poter contribuire con il loro talento al florido progresso del settore e portare un contributo fondamentale al miglioramento delle condizioni di milioni di pazienti, che cosa vorrebbe dire loro? Quale messaggio vorrebbe lasciare come auspicio per un futuro ricco di soddisfazioni per il loro percorso professionale e di vita?

Parlare ai ragazzi ed agli studenti è qualcosa che faccio sempre molto volentieri, mi ricorda dei tempi trascorsi all’università e soprattutto dei miei primi passi nel mondo del lavoro. A qualsiasi giovane che mi chiede quali sono gli elementi che mi hanno portato così in alto nella mia carriera rispondo sempre dando le stesse indicazioni che sono per me, ancora oggi, gli elementi che guidano la mia vita professionale. Qualsiasi percorso di carriera si decide di perseguire, fatelo sempre con passione, curiosità, desiderio di apprendere cose nuove e di sfidare lo status quo. Non accontentatevi mai della prima risposta, approfondite, abbiate il coraggio di cambiare le cose ed innovare, siate il motore trainante dei cambiamenti, soprattutto quelli culturali.

Oggi i ragazzi, influenzati dalla tecnologia e dalla rapidità con la quale si rinnova, rischiano di non approfondire e di rimanere sulla superficie delle questioni. Il mio consiglio è quello di utilizzare la tecnologia senza diventarne schiavi, come strumento per arricchirsi culturalmente, per scoprire, per conoscere cose nuove, per innovare. Seguite con determinazione, coraggio e passione la strada che scegliete. Vi lascio con una frase di un nostro ex Presidente della Repubblica, Sandro Pertini: “Chi cammina talvolta cade. Solo chi sta seduto non cade mai.”

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